Decreto Rilancio, «Manca visione di Paese»

Il commento della Presidente di CNA Veneto Ovest sulle misure per il rilancio delle imprese nella Fase 2
Cinzia Fabris CNA Veneto Ovest coronavirus

«Un maxi provvedimento con tante misure fatte per accontentare chi si lamenta e non scontentare troppo nessuno»

«Il continuo tira e molla di questi giorni – commenta Cinzia Fabris , presidente di CNA Veneto Ovest – alla fine ha portato, più che a una vera e propria ricetta di rilancio, ad ottenere un maxi provvedimento con tante misure fatte per accontentare chi si lamenta e non scontentare troppo nessuno. Le cifre messe in campo sono decisamente importanti: quasi 55 miliardi d’interventi non sono poca cosa. Nell’attesa di disporre del documento definitivo, emerge tuttavia l’assenza di una vera visione di Paese, di una presa di responsabilità forte, indispensabile in un’emergenza come questa».

«Questi sono tempi che richiedono il coraggio di fare determinate scelte»

«Questi sono tempi che richiedono il coraggio di fare determinate scelte, anche dolorose e non da tutti condivisibili, ma che inserite in una strategia possono portare a una ripartenza vera, non solo di facciata. Una cosa è certa; con questo decreto l’Italia s’indebita ancora, ma per arrivare a cosa? Ogni impresa si costruisce anche con i debiti, e noi artigiani e imprenditori locali lo sappiamo fin troppo bene. La differenza però tra trasformare i debiti in successo, e non in fallimento, la fa la strategia adottata e implementata. Bisogna prevedere i risultati che si punta ad ottenere, e pianificare tutti i passi per raggiungerli. E la sensazione è ancora una volta che oltre a non vedere tutto questo nelle strategie del Governo, emergeranno ulteriori complicazioni nell’attuazione delle misure, come è già accaduto».

«Le attività produttive si sostengono non tanto, o non soltanto, con l’assistenzialismo – che andava bene nella primissima fase dell’emergenza – ma con una vera politica per creare e tutelare il valore del marchio Italia»

«Le attività produttive si sostengono non tanto, o non soltanto, con l’assistenzialismo – che andava bene nella primissima fase dell’emergenza – ma con una vera politica per creare e tutelare il valore del marchio Italia. Per esempio, molto bene gli aiuti a fondo perduto anche per le micro attività, ma tutto questo andrebbe sostenuto integrando anche azioni di supporto più generose alle filiere, in particolare quelle che lavorano con l’estero. Questo aiuterebbe le molteplici piccole e medie aziende che operano in sub-fornitura generando un valore aggiunto via via distribuito a livello di comunità locali, rendendole socialmente più forti. E sarebbe il primo mattone di un rilancio vero, fondato sulle doti uniche delle nostre imprese: flessibilità produttiva, adattamento, resilienza, capacità di personalizzazione di prodotti e servizi con un’artigianalità che il mondo c’invidia».

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